Il processo terapeutico come

allenamento della mente



Lo sport è considerato una metafora della vita e un’esperienza formativa importantissima per la costruzione del carattere dell’individuo. Esso rappresenta una formidabile palestra di vita in cui gli atleti imparano a confrontarsi con i propri limiti, a migliorare le loro capacità fisiche, a stabilire degli obiettivi realistici, ad affrontare avversari , a gareggiare di fronte ad un pubblico, ad accettare le sconfitte, a godere del successo e a fortificare l’autostima in u percorso di scoperta  delle proprie capacità ed autonomie.

la persona che agisce nel mondo, e con esso interagisce, può essere paragonato ad un atleta di uno sport di situazione il cui risultato è condizionato fortemente dall’avversario. Ciò costringe l’atleta a curare la preparazione fisica e, soprattutto, a sviluppare la capacità di gestione della gara, cioè ad interagire con chi ha di fronte, a saper leggere ed anticipare le sue mosse, a rendere adattabile le sue azioni all’avversario e al contesto ambientale. Egli dovrà porre attenzione, quindi, sia agli aspetti intrapersonali e, non di meno, agli aspetti interpersonali.

Sinteticamente possiamo individuare le analogia tra la Gestalt e i tipi di sport, nei quali gli obiettivi di allenamento vanno dal potenziamento individuale delle proprie capacità negli sport “closed skill” all‘ allenamento di capacità tattiche e di strategia di gara negli sport “open skill” (Rossi, 1989)



   









tipi di prestazione sportiva e Teoria della Psicoterapia della Gestalt



Così come l’allenamento fisico ci consente di resistere a stimoli fisici più intensi, la psicoterapia si può configurare come un percorso di potenziamento e/o di costruzione delle proprie capacità psicologiche potenziali che sono a volte poco utilizzate o, meglio ancora, mal utilizzate.

nella terapia i pazienti mettono a fuoco quesgli aspetti da “allenare” per migliorare la consapevolezza di sé e la propria “prestazione” nelle relazioni con il mondo esterno. La psicoterapia, intesa come un vero e proprio allenamento , ci aiuta a fronteggiare meglio le richieste dell’ambiente attraverso la destrutturazione di vecchi modelli di comportamenti disfunzionali, la loro successiva rielaborazione ed, infine, la costruzione di nuovi, più egosintonici e sociosintonici.

Stimoli non allenanti o sollecitazioni poco adeguate non consentono il miglioramento dei livelli prestativi. In terapia questa condizione si può verificare nel caso di una situazione di collusione paziente-terapeuta che non consente al paziente di procedere nella consapevolezza di parti di sé che non vengono elaborate in terapia.

Nelle prestazioni sportive è importante lo sviluppo delle capacità motorie dell’atleta. queste, già presenti in potenza dalla nascita, rappresentano l’insieme delle componenti che permettono l’esecuzione di un gesto motorio e sono sviluppabili e potenziabili con opportune esercitazioni nel corso degli allenamenti. Si distinguono in:

  1.   capacità condizionali (forza velocità e resistenza) dipendono dalla funzionalità biomeccanica dell’apparato locomotore e dai processi di produzione dell’energia con l aprtecipazione di molteplici apparati del corpo umano.

  2.   capacità coordinative (capacità di differenziazione delle risposte motorie rispetto ai compiti) dipendono dai centri nervosi di ricezione, elaborazione, controllo e regolazione del movimento.

Nell’ambito della Teoria della Psicoterapia della Gestalt potremmo individuare le capacità psicologiche individuali nei livelli dell’espeirenza e nelle modalità di contatto.

I livelli dell’esperienza si potrebbero assimilare alle capacità condizionali, cioè a quelle capacità che dipendono in particolare dagli organi e dai sistemi che fungono da supporto al gesto motorio, mentre le modalità di contatto si potrebbero avvicinare alle capacità coordinative che rendono il movimento adeguato alle richieste dello sport e della situazione in particolare.













Fino a 30 anni fa si riteneva che le capacità condizionali fossero le uniche in gradi di influire sul rendimento degli atleti. Successivamente ci si è accorti che le capacità tecnico-coordinative potevano entrare in modo determinante a risolvere il problema del miglioramento della prestazione sportiva specie in quelle discipline dove bisogna fare alla perfezione i gesti tecnici come nella ginnastica artistica o nei tuffi. Negli ultimi dieci anni l’attenzione degli studiosi si è rivolta anche sugli aspetti di valutazione cognitiva della prestazione, specie negli sport di situazione. A pari condizione di allenamento, infatti, vince chi sa “leggere” meglio la gara. Risultava determinante allora l’atteggiamento mentale dell’atleta verso la gara cioè la capacità della scelta di tempo e dell’impostazione del piano d’azione, la gestione dello stress.

Nella colonna “competenze personali” della tabella, riferita alle capacità mentali, viene indicata l’intelligenza emotiva (Goleman, 1994). Con questa definizione si parla della capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le emozioni, sia interiormente, quanto nelle proprie relazioni. E’ un tipo di intelligenza che riguarda le capacità emotive che si integrano con quelle di natura più propriamente intellettuale.

tale distinzione è stata oggetto di studio di grandi teorici, tra i quali ricordiamo H. Gardner che teorizzò nel 1983 un modello di “Intelligenza multipla” e successivamente Salovey e Mayer (1990) che formularono una teoria completa sull’Intelligenza emotiva.

Come per l’allenamento, il terapeuta-allenatore individua le aree problematiche da sviluppare (tema esistenziale) e programma il suo lavoro; egli, però, utilizza costantemente l’osservazione fenomenologica su ciò che avviene nel “qui e ora” in moda da proporre esperimenti d’intensità proporzionata al grado di “fragilità psicologica” che il paziente può sostenere ossia, in termini sportivi, alla sua capacità di “resistenza” allo stress.

La riorganizzazione della personalità consta di disintegrazione e di integrazione e questi due processi dovrebbero essere tra loro bilanciati in modo da far liberare soltanto quella quantità di materiale dissociato che il paziente è in grado di assimilare. Altrimenti, le sue funzioni sociali o anche quelle biologiche possono essere pericolosamente disturbate” (Perls, 1979, pag.21).

Possiamo immaginare una seduta di terapia come una unità di allenamento come sotto illustrato




                                                

                                                                       






All’inizio si cerca di stabilire un contatto iniziale con il paziente (Riscaldamento), poi si passa alla fase centrale con l’Esperimento e, infine, nella parte conclusiva dell’incontro, si riformula (riformulazione) a livello cognitivo quanto avvenuto per rinforza l’esperienza.

Un percorso terapeutico allora può venir letto come un programma di allenamento e così si possono delineare le seguenti somiglianze:






















Nella Teoria del movimento l’apprendimento di un nuovo movimento passa attraverso un processo di attenzione/consapevolezza sui singoli atti che lo compongono. Occorre scomporre un movimento ormai automatizzato per arrivare ad uno nuovo e più complesso.

Come abbiamo visto precedentemente anche nel Ciclo di Relazione viene posta l’attenzione alla Fase della Differenziazione durante la quale la persona discrimina l’esperienza e integra nei propri confini nuovi elementi con la formazione di un nuovo senso di sé. “Nell’incontro con l’altro non si aggredisce il TU per renderlo simile all’ IO ma, semmai, vanno aggrediti i nostri preconcetti, alcuni aspetti della nostra identità. Per incontrare l’altro devo essere disposto a smontarli/mi. De vo, in un certo senso, “ destrutturarmi”. L’aggressività, quindi, non è tanto nei confronti dell’altro ma nei confronti delle mie identificazioni” (Menditto, Rametta, Insignature, 2002, pag.13)